Apertura del Giubileo in diocesi
PELLEGRINI DI SPERANZA PER DONARE SPERANZA
«Non sia turbato il vostro cuore» (Gv 14,1). Con queste parole domenica 29 dicembre, festa della Santa Famiglia, il vescovo mons. Gerardo Rocconi ha aperto il suo breve monito rivolto ai tanti fedeli radunati presso il Santuario di Santa Maria delle Grazie in Jesi per celebrare l’apertura del Giubileo nella diocesi di Jesi, idealmente raccolti sotto il manto della Vergine. Riprendendo le parole del brano evangelico proposto per l’occasione (Gv 14,1-7), il Vescovo ha invitato tutti a mettersi in cammino con fiducia dietro a Cristo, nostra Speranza, e a considerare il pur breve tragitto verso il Duomo come un vero e proprio pellegrinaggio, il primo di questo Anno Santo. Il Popolo di Dio, insieme al suo pastore e a tutto il clero diocesano, preceduto dalla Croce della Speranza, si è incamminato processionalmente, tra canti e preghiere, verso la Cattedrale, per celebrare la liturgia eucaristica.
Nell’omelia il vescovo don Gerardo ha invitato tutti a contemplare la croce gloriosa, simbolo della vittoria di Cristo e fondamento di ogni nostra speranza. Ha ricordato, inoltre, come il Giubileo sia un tempo di perdono, misericordia, riconciliazione, un tempo per ripartire, per ricominciare, ma soprattutto un tempo per educarci alla Speranza e per donare Speranza. Speranza che non va confusa con il facile ottimismo, spesso destinato a deludere, ma che è certezza, consapevolezza, attesa delle meraviglie che Dio non smette mai di operare. Una Speranza che nasce, pertanto, dalla Fede e che sa vedere oltre le apparenze, che sa scorgere l’opera di Dio anche nel contesto di un mondo ferito da esperienze di morte, malattia, ingiustizia, peccato, fragilità, odio, guerra. Una Speranza fondata sulla certezza che Dio non è mai lontano ma è compagno di viaggio, amico vicino; una certezza che cambia la vita e dà senso alla vita, perché incontrare il Risorto e vivere nel suo abbraccio cambia davvero la vita. Essere Pellegrini di Speranza, secondo il motto del Giubileo, significa, dunque, anche compiere un percorso educativo sotto l’azione della Grazia nel quale imparare a vedere il Signore che agisce, per poi indicarlo ai fratelli e accompagnarli ad incontrarlo.
Questo Giubileo è un’opportunità per tutta la Chiesa per ritrovare luminosità, rispondendo alla sua missione di essere luce del mondo. In questo percorso, la Santa Famiglia costituisce senza dubbio un modello al quale ispirarsi: il silenzio, la preghiera, l’accoglienza della Parola, la docilità che in essa risplendono, sono atteggiamenti che, se acquisiti, consentono di saper leggere i segni dei tempi, scrutando le vicende della vita alla luce di Dio, per vivere appieno la Speranza.
Infine, citando le parole di Gesù nella sinagoga di Cafarnao: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato […] a proclamare l’anno di grazia del Signore» (Lc 2,18-19), il vescovo Gerardo ha invitato tutti ad accogliere con gratitudine e responsabilità questo tempo di Grazia, ricordando che se è vero che l’azione del Signore non è finita, né lo sono le sue misericordie, spetta a ciascuno di noi aprirgli il cuore, credere, lasciarsi convertire, fare scelte di amore.
Don Lorenzo Gentili
La Croce della Speranza
In occasione del Giubileo del 2025, che ha come motto Pellegrini di Speranza, la Diocesi di Jesi ha commissionato allo scultore Massimo Ippoliti la realizzazione di una croce che rappresentasse questo tema, da portare in processione nella solenne cerimonia di apertura e collocare nella Cattedrale durante l’Anno Santo.
L’opera, dono del vescovo, Mons. Gerardo Rocconi, è stata realizzata riutilizzando la croce simbolo del Giubileo della Misericordia (29 novembre 2015 – 20 novembre 2016). Si trattava di una croce di legno grezzo sulla quale erano infissi grossi chiodi metallici: un’opera che, nella sua scarna sobrietà, rappresentava tutta la drammaticità, ma anche l’altissima dignità, del sacrificio salvifico di Cristo, fonte della Misericordia.
Oggi la croce è stata profondamente trasformata: il suo legno, lucidato e nobilitato, è parzialmente ricoperto da sinuosi panneggi bronzei, quasi impronta del Crocifisso che un tempo ha accolto, impreziositi da gemme di vetro di color purpureo che simboleggiano le piaghe redentrici di Cristo. La Croce Dolorosa si sta trasformando, proprio sotto la spinta irresistibile dell’Amore di Gesù crocifisso e risorto, in una Croce Gloriosa. Le gemme e l’oro ricordano il trionfo di Cristo e il destino di gloria che attende ognuno di noi, che alla sua morte e resurrezione è stato unito indissolubilmente per mezzo del Battesimo. Al tempo stesso il legno, ancora visibile in tutta la sua rigidità, ci ricorda come questa condizione, sebbene reale, non sia del tutto compiuta in noi, pellegrini sulla terra, che viviamo nella dimensione del “già e non ancora”: già salvati da Cristo ma non ancora nella pienezza della Gloria di Dio.
Proprio per questo la nostra croce, nel suo esprimere la forza redentrice del Risorto che opera nella Storia dell’uomo, e di ogni uomo, esprime l’essenza stessa della Speranza cristiana e ne diviene il simbolo, incoraggiandoci a farci tutti Pellegrini di Speranza.
Foto di Mario Bocchini



