IL VESCOVO

12 maggio 2021

Omelia alla Messa Crismale

1- Ancora una volta vogliamo esprimere la nostra gratitudine per tutti i ministeri che il Signore affida: stiamo conferendo l’accolitato a 5 nostri fratelli: nell’anno o nel prossimo saranno, a Dio piacendo, ordinati diaconi.
Vogliamo esprimere la nostra gratitudine per il dono del Sacerdozio: il 28 agosto Paolo sarà ordinato sacerdote.
Gratitudine per i sacerdoti: per tutti voi che siete pastori.
In particolare ringraziamo per don Giuseppe.
Ricordiamo con gratitudine coloro che il Signore ha chiamato a sé: Don Gianni, P. Ferdinando, Fr Tito.

2- La gratitudine e la consapevolezza dell’amore che il Signore riversa su noi non ci fa chiudere gli occhi sul dramma che la nostra società sta vivendo. Ma tutto con la certezza che mai siamo abbandonati dal Signore. Ecco perché è necessaria una fede vera, forte, concreta. Una fede che non sia semplicemente un essere un po’ convinti di qualche idea: è necessaria una a fede che abbia la certezza della “Sua” presenza, in una relazione forte con lui. Quel «Voi siete miei amici» assume una valenza molto concreta.
Da qui nasce l’urgenza di stare “gratuitamente” con l’Amico, di dargli tempo e attenzione, per capire, per capirlo!

3- Giovanni ci dice che quella sera di Pasqua Gesù dona il suo Spirito.
E comincia l’attesa che lo Spirito si manifesti in tutta la sua potenza.
E questo vale per noi oggi. La nostra vita quindi deve essere accompagnata da una domanda: Cosa dice lo Spirito alla Chiesa? Ormai è la domanda più che mai necessaria.
Abbiamo capito che nella vita della Chiesa ormai c’è una pagina da girare. Siamo arrivati ad un punto per cui non si va più avanti come siamo sempre andati. È pertanto un momento difficile: girare pagina: ma che vuol dire?
Nel buio c’è però una consapevolezza, un atteggiamento da assumere. Questo: Ogni volta che ci incontriamo la domanda di partenza non dovrà essere più: Cosa si fa? Come ci organizziamo? Cosa mettiamo in atto?
La domanda dovrà essere piuttosto: “Cosa ci dice lo Spirito? Dove ci conduce lo Spirito? Cosa dice lo Spirito alla Chiesa del nostro tempo? Allora saranno da costruire quei momenti o quelle situazioni in cui lo Spirito oggi può manifestarsi:
- Lo Spirito parla nel silenzio e nella preghiera
- Lo Spirito parla nell’ascolto della Parola
- Lo Spirito parla nei fratelli e nella comunità
- Lo Spirito parla nell’ascolto reciproco.
Quella sinodalità di cui oggi si comincia a parlare nasce proprio dal cercare, attraverso le vie idonee (alcune ne abbiamo elencate), la voce dello Spirito. Il primo atteggiamento, pertanto, sarà sempre: “Fermiamoci in ascolto!

4- Non sappiamo dove lo Spirito ci condurrà.
Ma ciò non vuol dire che lo Spirito non parla o che non ha già detto qualcosa in ordine alla necessità di girare pagina.
Magari ancora non abbiamo capito con tanta chiarezza, magari ancora dobbiamo andare avanti un po’ per intuizione, ma lo Spirito non smette di parlare, e già stanno accadendo cose nuove che dobbiamo vedere, che dobbiamo accogliere: ancora i segni dei tempi!
Mi pare che la Chiesa sia chiamata a perdere alcune caratteristiche e ad acquistarne altre.
a- Non è più chiamata ad essere potenza, ma è chiamata ad essere serva, ad essere umile, ad essere lievito
b- La Chiesa non può più essere una ammucchiata, ma non può essere nemmeno una Chiesa di élite. Che significa? Significa che a tutti è rivolto il servizio della Chiesa e a tutti deve essere garantito l’accesso. Tutti hanno l’invito ad essere Chiesa, la Chiesa non deve perdere la sua caratteristica popolare, ma senza perdere la consapevolezza che è chiamata a una misura alta di santità, come già diceva all’inizio del millennio san Giovanni Paolo II.

5- La Chiesa oggi è chiamata a vivere via fra due poli
* Primo polo: Centrarsi su Gesù Cristo. Da qui nasce l’esigenza di costruirsi su Gesù, di sentirsi scelta per poter scegliere Gesù, di acquistare consapevolezza di una chiamata a portare un annuncio che può partire solo da una esperienza forte di Gesù
* Secondo polo: La chiesa deve riscoprire la via della Incarnazione. Che significa?
• Imparare l’uomo, conoscere l’uomo di oggi
• Imparare il suo linguaggio
• Sentire la sua fatica
• Conoscere le sue povertà
• Scendere agli inferi della miseria umana.

C’è una grande conversione da portare avanti.
Noi sacerdoti più avanti negli anni, nel corso dei decenni più volte ci siamo sentiti dire: È necessaria una conversione pastorale. Ormai sono tre o quattro volte che me lo sento dire. Ebbene, ce lo sentiamo dire ancora oggi e forse in maniera più intensa ancora, paragonabile solo al tempo immediatamente dopo il Concilio.

6- Questa conversione, comunque, prima ancora che nel fare cose nuove consiste nell’essere persone nuove, che imparano a vivere relazioni nuove.
Per noi sacerdoti mi sembrano così importanti quelle parole del Papa del 25 aprile, domenica del Buon Pastore, nella omelia della messa in cui ha ordinato alcuni sacerdoti.
Il Papa ha detto: Impariamo a praticare quattro vicinanze. La vita sacerdotale sia caratterizzata dal vivere quattro vicinanze:
1- Vicinanza a Dio
2- Vicinanza al Vescovo
3- Vicinanza ai confratelli
4- Vicinanza al popolo santo di Dio

1-Vicinanza a Dio: prendiamo sempre più coscienza dell’importanza della preghiera, dei Sacramenti, della S. Messa. Mettiamo al centro quel parlare con il Signore, per gustare la sua vicinanza.
Ma ricordiamo che noi siamo chiamati anche ad annunciare questa vicinanza, ad aiutare, cioè, i fratelli a vivere questa vicinanza.
2-Vicinanza al Vescovo. Già questa unione fra sacerdoti e vescovo è donata a motivo della ordinazione. Ma è necessario che diventi effettiva e affettiva.
La comunione con il Vescovo, che è il segno dell’unità, rimanda a un’altra comunione: è necessario, pertanto che si manifesti in scelte e gesti questa comunione con la Chiesa e in particolare con il Papa. Noi non portiamo un nostro messaggio: siamo mandati. E ogni volta che portiamo qualcosa di nostro in disaccordo con la Chiesa o il Papa, siamo completamente fuori strada.
3-Vicinanza ai confratelli, cioè comunione nel Presbiterio. A motivo della Ordinazione il presbiterio è un corpo solo. Ma anche qui è necessario che diventi una unione effettiva e affettiva.
Ringrazio il Signore che, al di là di incomprensioni direi fisiologiche, non c’è divisione nel nostro presbiterio. Non vedo cattiverie, non vedo invidie e non sento maldicenze. E di questo ringrazio il Signore immensamente. Però sappiamo che il Signore ci chiama sempre un po’ più in là dal momento che ha detto: Padre, siano una cosa sola come io e te siamo una cosa sola.
L’amore del Padre e del Signore Gesù, nello Spirito Santo deve essere il modello del nostro amore e della nostra comunione.
4-Vicinanza al popolo di Dio. Quanto è importante avere a cuore i fratelli, curare le relazioni, essere attenti ai loro bisogni, sapendo che quelli spirituali sono immensamente di più e più gravi di quelli materiali i quali non sono né pochi, né piccoli.
Vorrei sottolineare l’importanza dell’ascolto dei fedeli, il saperli attendere, non rimandarli mai perché c’è altro da fare. Oggi il dialogo, l’ascolto, il consiglio, la premura sicuramente sta diventando una attività pastorale fra le prime.

7- Dopo aver illustrato queste 4 vicinanze il Papa ha parlato del Sacerdote come di colui che imita Gesù nella compassione e nella tenerezza.
L’accoglienza, il creare situazioni per ricevere l’abbraccio del Signore, cioè il perdono e la riconciliazione, sono quegli aspetti della vita del Sacerdote più che mai importanti.

Ripartiamo con coraggio. La fatica che nasce dal tempo che viviamo, la fatica che nasce dall’età, la fatica che nasce dalle tante apparenti sconfitte (ci tengo a dire solo apparenti), non può fermarci. Si riparte con coraggio sapendo che la presenza del Signore non viene mai meno, la speranza non delude e il Signore anche nella tempesta, anzi, soprattutto nella tempesta è particolarmente vicino.