DOCUMENTI EPISCOPALI

10 giugno 2015

«Alzati e va’. Chiesa in uscita»
Famiglia: cuore e metodo della pastorale che si rinnova

Lettera Pastorale dei Vescovi marchigiani per i Consigli pastorali diocesani e parrocchiali

 

A.     Dopo Loreto, il cammino continua su quattro sentieri

A un anno e mezzo dal 2° Convegno Ecclesiale Marchigiano (22-24 novembre 2013) i Vescovi marchigiani analizzano un percorso vissuto e orientato in profondo ascolto della vita della Chiesa. Due, in particolare, le vie di riferimento: quella aperta dal Sinodo sulla famiglia e il sentiero tracciato verso il Convegno della Chiesa italiana di Firenze sul tema: «In Gesù Cristo un nuovo umanesimo». Questo tempo è stato necessario e propizio per accogliere l’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco, che chiama noi tutti ad una profonda revisione di vita in prospettiva missionaria.

I contenuti emersi nel Convegno regalano una miniera di spunti, sia di riflessione, sia di proposte di azione. Cresce il confronto tra le nostre Chiese, in modo da generare progetti sempre più condivisi, per valorizzare le risorse e testimoniare la fecondità della comunione. C’è un’immagine che merita essere richiamata, perché rappresenta una sintesi delle indicazioni emerse dai laboratori del Convegno che vogliamo offrire al lavoro dei Consigli Pastorali Diocesani e Parrocchiali: la prendiamo dagli Atti (8,26-40) e narra l’evangelizzazione del funzionario etiope realizzata dal diacono Filippo: questo episodio viene collegato con il racconto di Emmaus. Sul modello di Gesù evangelizzatore della chiesa post pasquale, Filippo evangelizza un timorato di Dio (Cfr. Is 56,3-5) un pagano dal cuore aperto alla fede biblica e incuriosito dalla testimonianza della comunità credente, che ha incontrato nella sua visita a Gerusalemme. È una figura che richiama quella del non credente o poco credente che popola le nostre città, ma anche il “ricominciante” che si riavvicina periodicamente alla comunità cristiana e si riapre a un rinnovato cammino di fede.
Filippo come Gesù a Emmaus cammina a fianco dell’umanità con un atteggiamento di ascolto amichevole e positivo: interroga l’uomo sui suoi dubbi e il suo sincero desiderio di comprendere ciò che legge, ciò che vive, la fede che ha visto testimoniata dalla comunità credente. È questa la strada della vita che sta percorrendo e per la quale ha bisogno di una guida. In Filippo è rappresentata la missione di tutta la Chiesa chiamata a farsi compagna e guida dell’umanità sulle vie del bene.
Questa missione si compie attraverso l’evangelizzazione e i sacramenti, tra loro intimamente connessi. Se Emmaus pone l’accento sull’eucarestia, il nostro testo mette in rilievo il battesimo, dono altrettanto prezioso per l’umanità che vuol entrare nella famiglia di Dio. Nella linea della promessa profetica, lo straniero e l’eunuco, che non potevano pienamente entrare nel popolo del Signore dell’antica alleanza, sono ora ammessi a diventare «concittadini dei santi e familiari di Dio» (Ef 2,11-19) tramite il battesimo, in cui la Chiesa madre genera alla vita dello Spirito.
Sul tema dell’evangelizzazione dei lontani e di una chiesa in uscita, su quello dell’invito ad essere chiesa-famiglia di Dio, aperta all’accoglienza di tutti si articola questa sintesi del Convegno Ecclesiale che riproponiamo a tutti. I partecipanti si sono confrontati e interrogati su come vivere e trasmettere oggi la fede nelle Marche, individuando i possibili sentieri che il Signore ci chiede di percorrere fiduciosi, come il diacono Filippo:

• essere “Chiesa credente lieta e coraggiosa” che non ama ripiegarsi su di sé ma rallegrarsi della compagnia del Signore Risorto «Chiesa in ascolto», aperta al dono di Dio e ai doni dei fratelli;
• essere «Chiesa madre», capace di generare alla fede;
• essere «Chiesa famiglia», accogliente e premurosa verso tutti;
• essere «Chiesa in missione», presente nel territorio e in dialogo con le culture e le religioni.
Sono le note che caratterizzano il volto di Chiesa che oggi siamo chiamati a incarnare e manifestare, soprattutto nelle realtà parrocchiali:

1.     Essere «Chiesa in ascolto»
Su invito di papa Francesco siamo chiamati a essere una Chiesa di uomini e donne che sappiano comprendere, aspettare, riconoscere l’azione dello Spirito attraverso un ascolto rispettoso e capace di compatire e un annuncio che parte dall’ascolto del popolo per scoprire ciò di cui i fedeli hanno bisogno. Parliamo di una Chiesa che sappia ascoltare se stessa valorizzando i tanti doni che arricchiscono la sua storia, anche i più piccoli; una Chiesa che “fa silenzio” e “si fa silenzio” per ascoltare il mondo e in esso le voci più lontane, più deboli e fragili. Una Chiesa, dunque, che conosce le sue divisioni e sana le lacerazioni interne.

2.     Essere «Chiesa madre»
Due temi salienti sono la capacità di accoglienza e corresponsabilità alle reali condizioni di vita, specie quelle più fragili, con uno stile di evangelizzazione ricco di entusiasmo, orientata a percorsi di formazione degli adulti in una duplice prospettiva. Una Chiesa casa accogliente dei giovani che, privilegiando il valore della relazione, esprime maternità e paternità spirituale elaborando cammini di accompagnamento dentro i quali i sacramenti sono tappe rivelative ed educative: una Chiesa che fa dell’eucarestia la sua forma, riconosce nella comunione la verità di ciò che annuncia e per questo mette a punto indicazioni e progetti condivisi a livello diocesano chiamandovi a partecipare in maniera costruttiva e corresponsabile laici, preti, consacrati, consacrate, Associazioni e Movimenti. Una Chiesa, perciò, che abbia anche uno spazio di condivisione e servizio stabile a livello regionale per dare risposte comuni ai problemi, alle esigenze dell’oggi, che sono sempre di più di ampio respiro e trasversali al vivere quotidiano.

3.     Essere «Chiesa famiglia»
Papa Francesco definisce le parrocchie «comunità di comunità», perché non siano strutture anonime, ma ricche della comunione di realtà diversificate e vive, che aiutano a condividere nella quotidianità il legame con il territorio, la ricerca di fede e la vita fraterna: una realtà che non si identifica solo in ruoli, servizi, proposte, ma in un luogo caldo dove ciascuno può arrivare, fermarsi, risanarsi, rinvigorirsi, rimanere o ripartire e cogliere così la presenza di Dio nella sua vita.

Una comunità che ha la capacità di accogliere ciascuno nella sua fragile umanità, il coraggio di osare vie nuove per offrire speranza e futuro, attraverso la testimonianza di un amore incondizionato e gratuito. Una comunità con lo stile di famiglia: accogliente, misericordioso, sobrio, capace di accompagnare le persone nella crescita umana e spirituale; ma anche, come una vera famiglia, diversificata ed ordinata al suo interno nelle responsabilità, nelle identità e nei compiti. Una comunità, in particolare, presente in quelle periferie della vita segnate da dolore, solitudine, malattia e morte. Uno stile, questo, che dovrebbe essere assunto innanzitutto dalle nostre famiglie destinatarie del rinnovamento ecclesiale e sociale e, unitamente, protagoniste.

4. Essere «Chiesa in missione»
Quando Papa Francesco parla di «Chiesa in uscita» ci mostra l’unica cosa necessaria da farsi, perché «uscire» risponde alla natura della Chiesa di essere per il mondo e per la gente. Non lo fa per indicarci chissà quale strategia di un momento con lo scopo illusorio di trovare nuovi proseliti. A cambiare è la mentalità: dobbiamo ricostruirci come comunità missionaria capace di immergersi nella vita della gente, andando nei luoghi della vita ordinaria, costruendo relazioni e creando ponti di ascolto e di incontro. Essere una Chiesa che si alza e va senza paura. Francesco dice: «Preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. […] Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: “Voi stessi date loro da mangiare”». Di qui la scelta di non ritorno: ricostruirci come cristiani capaci di rendere conto di una fede che intercetta le domande fondamentali dell’uomo e della donna di oggi, favorendo l’incontro con la persona di Gesù Cristo la cui vita dà senso vero alla vita di ogni creatura.

 

B.     Famiglia «cuore» della pastorale. Ripartire dalla famiglia

Ripartire dalla famiglia è la vera urgenza: significa ripartire dalle nostre famiglie reali e dalla “voglia di famiglia” che, nonostante ostacoli e confusioni, non si è spenta nelle giovani generazioni.
Ci aiuta in questo l’immagine della Trinità: le tre Persone divine, Padre-Figlio-Spirito Santo sono tali perché sono in relazione. Ognuna delle tre persone è tale perché si dona, “è” perché “è per”. Dio ci chiede di improntare la relazione al dono totale di sé, che rende possibile e attua eternamente la gratuità, la libertà, la bellezza, la fecondità dell’amore e permette allo Spirito Santo di agire in noi e tra noi secondo la sua missione questo carattere relazionale è decisivo anche nella Chiesa.
In concreto, significa: che lo stile dello stare insieme conta più di quel che facciamo insieme. E quando il ‘fare’ genera conflitti, rivalità, gelosie, piuttosto che comunione, non è semplice vedervi l’opera dello spirito. E allora c’è da chiedersi quale sia il senso dell’impegno, della stessa amministrazione dei sacramenti, se non riusciamo a generare una relazione significativa tra noi e queste persone. La nostra prospettiva è rendere la parrocchia non solo una presenza della Chiesa in un territorio, ma “una determinata comunità di fedeli”, comunione di persone che si riconoscono nella memoria cristiana vissuta e trasmessa in quel luogo», come si legge nel documento Il volto missionario della parrocchia in un mondo che cambia. Nell’essere «famiglia» troviamo una centralità e un’urgenza condivisa.
Il punto sta nel superamento della fuorviante idea di autonomia che induce l’uomo a concepirsi come un “io” completo in se stesso, laddove, invece, egli diventa “io” nella relazione con il “tu” e con il “noi”. Il tu e il noi - gli altri - nell’epoca in cui viviamo sono spesso avvertiti come una minaccia per l’integrità dell’io. La difficoltà di vivere l’alterità emerge dalla frammentazione della persona, dalla perdita di tanti riferimenti comuni e da una crescente incomunicabilità».

Per ripartire dalla famiglia concretamente è necessario un cuore che sa:

• sostenere che la vocazione alla vita umana e cristiana ha per tutti un carattere sponsale, come risposta alla solitudine e medicina al soggettivismo e individualismo di oggi. Il «non è bene che l’uomo sia solo» vale per tutti;
• riscoprire il senso della sponsalità che si manifesta nella scelta del matrimonio e della verginità consacrata per il Regno dei cieli;
• riconoscere che la famiglia è la “strada” per una cura globale della persona e della comunità: crocevia di relazioni (bambini, giovani, anziani) e di situazioni (precarietà, lavoro, fragilità, sofferenza, gioia, educazione, ecc.);
• accogliere il progetto dato da Dio all’umanità, a partire dalla creazione, non solo sul piano dogmatico, ma riconoscendolo come incarnato nelle persone. Ciò comporta riconoscere che le relazioni ci umanizzano (mistero dell’incarnazione e vita nascosta di Nazareth);
• affermare la soggettività pastorale degli sposi e della famiglia in forza del sacramento del matrimonio;
• valorizzare il dono delle comunità di vita consacrata nelle nostre realtà quale esperienza di fraternità e missione, in relazione quotidiana con le altre vocazioni.

 

C.     Famiglia «metodo» della pastorale. Una Chiesa «famiglia di famiglie»

L’intuizione di Loreto è stata tradotta nello slogan “voglia di esserci”. Lo slogan non basta, deve diventare esperienza, in un percorso di Chiesa che ci chiede di essere protagonisti e non comprimari, con il diffuso desiderio di camminare insieme, «famiglia di famiglie».
Sarebbe sufficiente riproporre il metodo utilizzato per vivere il convegno stesso: partire dall’ascolto, scrutare i segni dei tempi per vivere oggi la fede in Gesù Cristo e così esserne testimoni credibili.
Il nuovo passo pastorale sta nel ritrovare e coltivare sempre la gioia dell’incontro con l’altro e la gioia di una testimonianza di vita autentica e credibile.
Da anni parliamo della comunità cristiana e della parrocchia come «famiglia di famiglie». L’esperienza di Loreto chiede oggi alle nostre Chiese di vivere con fiducia. Siamo chiamati alla conversione, che passa attraverso un atteggiamento di ascolto, attento e umile, dei segni dei tempi, per poi formarsi e agire cristianamente nelle vicende della storia.
L’impegno centrale è rafforzare il nostro essere comunità:

• valorizzando le famiglie e le diverse reti di solidarietà tra di esse, che le rendano efficaci “comunità educanti” sul piano della trasmissione dei valori umani e dei processi di iniziazione cristiana che non possono più essere banalizzati, senza una ripresa di corresponsabilità della comunità adulta, con tutte le sue figure educative;
• rendendole luogo di relazioni e di comunione in realtà diversificate e vive dove si sperimenta la condivisione quotidiana di un territorio e la fraternità nei rapporti ravvicinati;
• alimentando il coraggio a vivere stili di vita sobri e controcorrente, ad esempio nei consumi di beni, nella gestione del tempo, nelle scelte di giustizia, di pace e per la salvaguardia del creato;
• ritrovando il senso di una misericordia che rende capaci di accompagnare sulle strade del mondo coloro che si pongono in ricerca e di rapportarsi con dolcezza e rispetto con le diverse sensibilità delle persone e con la cultura del nostro tempo;
• vivendo un’alleanza fondata sul battesimo, che aiuti a compiere una scelta chiara per una parrocchia «famiglia di famiglie», rinnovando in quest’ottica anche gli indispensabili organismi di partecipazione e dinamismi di comunicazione;
• vivendo, sia chi ha ricevuto il sacramento dell’Ordine, come quello del Matrimonio, la medesima chiamata all’evangelizzazione e alla costruzione della comunità.

 

D.     Famiglie protagoniste. I «verbi» per rinnovare la pastorale

Un’altra parola-chiave che lega Loreto all’imminente Convegno di Firenze è “pastorale integrata”: la parrocchia di oggi e di domani funziona e funzionerà se in grado di diventare tessuto di relazioni stabili, in grado poi di coinvolgere i livelli diocesano o interdiocesano e regionale oltre che le diverse realtà ecclesiali. «La logica “integrativa” non regge solo il rapporto tra le parrocchie, ma ancor prima quello delle parrocchie con la Chiesa particolare. … Ed è ancora a partire dalla diocesi che religiosi e religiose e altre forme di vita consacrata concorrono con i propri carismi all’elaborazione e all’attuazione dei progetti pastorali e offrono sostegno al servizio parrocchiale, nel dialogo e nella collaborazione. Questa integrazione è agevolata da alcuni percorsi:

Uscire
Una comunità cristiana che prende l’iniziativa, non gioca di rimessa, sa coinvolgersi perché si lascia sconvolgere dalla novità del Vangelo. Una comunità che sa accompagnare secondo il ritmo salutare della prossimità, prendendosi cura del grano e non perde la pace a causa della zizzania.
Chi rimane nelle sacrestie e attende che gli altri vengano, rischia di concepire e presentare erroneamente la fede come lo spazio della facile consolazione e la vita come quello del fatale conflitto. Chi esce, invece, va incontro, entra nelle case, nelle periferie, può creare ponti perché la vita reale delle persone entri in contatto fecondo con quella della Chiesa, e la comunità cristiana possa far giungere il Vangelo nella quotidianità delle persone.
La Chiesa è il senso di un popolo in cammino verso Dio: uscire insieme fa crescere la corresponsabilità e “costringe” a elaborare un’idea condivisa. Lo Spirito non opera mai a sostegno dei personalismi, ma si esprime là dove fiorisce la comunione e a sostegno di essa.
Annunciare
Lo scenario in cui lavorare è costituito da una civiltà paradossalmente ferita dall’anonimato e al tempo stesso ossessionata dai dettagli della vita degli altri, spudoratamente malata di curiosità morbosa: la Chiesa, afferma l’Evangelii gaudium, ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario. E’ importante questa “arte dell’accompagnamento”, affinché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro. Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione, ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana.
L’accompagnamento è l’arte di accogliere con rispetto la realtà dell’altro e di far incontrare la vita delle persone con il Vangelo: non esistono modalità standard, ogni persona richiede un modo singolare con cui essere affiancata e sostenuta nel cammino verso Cristo. L’originalità dell’altro, se accolta, trasforma il servizio al Vangelo e ai fratelli in un’avventura splendida e avvincente in cui non si rimane mai gli stessi, né delusi.
In questa luce, anche l’annuncio consiste nello scoprire insieme quanto l’amore di Dio sia già andato incontro alla vita di ciascuno, come Gesù ci precede nel cammino della vita, e le sorprese che lo Spirito riserva nel futuro del mondo.
Sono molteplici le situazioni di disagio e sofferenza, personale e familiare, che invocano - magari silenziosamente - accompagnamento e annuncio in forme rinnovate e coraggiose, che sappiano toccare con carità e verità le ferite di ogni storia umana.
Abitare
La famiglia è il primo ambiente in cui impariamo a relazionarci con il mondo, cominciando anche a assumerci le nostre responsabilità. Se funziona, è base sicura per sviluppare rapporti solidali con l’altro, l’estraneo, lo straniero. Per questa sua “vocazione” a introdurre all’incontro con il mondo, la famiglia va incoraggiata a riconoscersi in questo ruolo, perché possa assumerlo fino in fondo. Non possiamo però chiedere tutto alla famiglia senza sostenerla e amarla. E’ importante coinvolgere, in questo processo, le istituzioni civili, per lavorare sulla necessità di promuovere e riconoscere la famiglia come primo soggetto sociale, con politiche di concreto sostegno in ordine alle specifiche competenze specifiche (orari di lavoro rispettosi, tutela della domenica, tutela della maternità e della paternità, servizi per l’infanzia, iniziative per l’affido e l’adozione, aiuto ai malati e agli anziani, investimenti culturali, strutturali, ed economici per le nuove generazioni, ecc.). È responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.
Educare
A ‘dare forma’ è lo Spirito, con un cammino interiore che conduce ogni persona a ritrovare se stessa, la sua identità, facendo emergere nelle scelte, negli atteggiamenti e nello stile di vita il volto di Gesù che agisce in ciascuno fin dal Battesimo. Lo Spirito, elargendo molteplici carismi e suscitando la disponibilità delle persone, dà forma anche alla comunità cristiana, affinché essa diventi comunità educante.
Formazione non significa solo incontrarsi, in modo spesso sterile: papa Francesco parla di conversione missionaria per rendere concreta l’opzione della «Nuova Evangelizzazione», che spinge le comunità cristiane a progettare la formazione in un senso nuovo, generando un rapporto creativo tra i carismi e la lettura della realtà, tra gli ideali e l’oggi.
Occorre la pazienza del seminatore per creare occasioni e percorsi in cui ognuno possa sentirsi accolto nei propri interrogativi ed essere accompagnato all’incontro con il risorto. Per questo la formazione non è una ricetta già confezionata ma un modo nuovo di pensare la vita delle persone e la comunità.
Trasfigurare
Ogni nostra azione si alimenta attraverso la Parola, la grazia liturgica e sacramentale, che ci rendono consapevoli che senza la preghiera la carità si svuota, riducendosi a filantropia incapace di conferire significato alla comunione fraterna. È la carità che viene da Dio il cuore e il modello di ogni nostro gesto di amore. È la domenica con al centro la partecipazione all’eucarestia la fonte di acqua viva a cui attingiamo perché la qualità della nostra testimonianza cristiana non si riduca a un “fai da te” il più delle volte privo di relazione con Dio. La carità, a cui tutti e in diversi modi, siamo chiamati è dono di Dio, che viene dall’alto. Solo una Chiesa «famiglia di famiglie» che si apre e risponde a questo dono, non si schiaccia nelle emergenze e nelle facili gratificazioni “consumando” e banalizzando anche le cose più sante ma viene trasformata, citando Matteo, in «sale della terra e luce del mondo».

In conclusione vi auguriamo che questo cammino possa trovarvi tutti consapevoli e partecipi per una sempre più viva comunione e che possa tradursi in momenti di proficua collaborazione in spirito di autentico servizio alle Chiese marchigiane, Vi benediciamo e affidandoVi alla protezione della Vergine Lauretana, Patrona della nostra Regione, Vi accompagniamo con la preghiera.

Card. Edoardo Menichelli
Giovanni D’Ercole
Giovanni Francesco Brugnaro
Giancarlo Veccerica
Armando Trasarti
Luigi Conti
Gerardo Rocconi
Giovanni Tonucci
Nazzareno Marconi
Piero Coccia
Carlo Bresciani
Giuseppe Orlandoni
Giovanni Tani

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Mons. Gerardo Rocconi

Esortazioni e messaggi del vescovo