DOCUMENTI EPISCOPALI

15 agosto 2013

Il Signore designò
altri Settantadue Discepoli (Lc 10,1)

La figura e la formazione degli Educatori

Dal Vangelo secondo Luca (10,1-16)
Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. Diceva loro: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. In qualunque casa entriate, prima dite: «Pace a questa casa!». Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: «È vicino a voi il regno di Dio». Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle sue piazze e dite: «Anche la polvere della vostra città, che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino».
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato».

 

Introduzione

Il racconto della missione dei Settantadue è proprio di Luca. Ed è un racconto sul quale Luca si sofferma ancor più che sulla missione prepasquale dei Dodici, che leggiamo al cap 9.
Matteo parla invece della missione dei Dodici e per tanti versi riporta le stesse raccomandazioni che Luca dà ai settantadue. Non entriamo troppo nel dettaglio; vogliamo solo notare che Luca conosce un gruppo, non costituito dai Dodici, ai quali riconosce una enorme responsabilità. E sono 72, cioè destinati al mondo intero (anticamente si pensava che 70 fossero i popoli). È la Chiesa, la Chiesa intera mandata al mondo per portare il Vangelo.
In questa mia riflessione, comunque, nei Settantadue voglio vederci soprattutto tutti coloro che nella comunità, pur non essendo fra i ministri ordinati, hanno scelto di assumersi una responsabilità. Coloro, cioè, che vogliono rispondere ad una chiamata e intendono mettere la loro vita a disposizione del Vangelo. Voglio vederci, pertanto, tutti coloro che svolgono un compito nell’insegnamento, nell’animazione liturgica, nella carità. A tutti costoro va il mio ringraziamento per quello che fanno. Nella Chiesa, ormai lo sappiamo, lo Spirito Santo suscita uomini e donne che offrono il loro generoso impegno perché il Vangelo arrivi ovunque.
In questa esortazione, in ogni caso, tenendo conto del cammino decennale sull’educazione, così come è proposto nel Documento programmatico della CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, mi soffermerò in particolare sul ruolo degli Educatori. Il ruolo degli Educatori: è il tema che i vescovi hanno affrontato nella loro assemblea di maggio scorso ed è il tema proposto alla Chiesa italiana.

 

1 - Il Papa Francesco ai vescovi

Al termine dell’assemblea annuale di maggio, i Vescovi italiani si sono ritrovati sulla tomba di San Pietro per fare la professione di fede. Ha presieduto la celebrazione il Papa Francesco. Nell’omelia il Papa ha ovviamente parlato del ministero dei Vescovi, soffermandosi sul significato dell’essere pastori, ad imitazione dell’Unico Pastore che è Gesù.
Diceva il Papa: Essere Pastori significa credere ogni giorno nella grazia e nella forza che ci viene dal Signore, nonostante la nostra debolezza, e assumere fino in fondo la responsabilità di camminare innanzi al gregge, sciolti da pesi che intralciano la sana celerità apostolica, e senza tentennamenti nella guida, per rendere riconoscibile la nostra voce sia da quanti hanno abbracciato la fede, sia da coloro che ancora «non sono di questo ovile» (Gv 10,16).
E questa è più che mai l’immagine del buon Pastore. Ma subito il Papa aggiunge: Essere Pastori vuol dire anche disporsi a camminare in mezzo e dietro al gregge: capaci di ascoltare il silenzioso racconto di chi soffre e di sostenere il passo di chi teme di non farcela; attenti a rialzare, a rassicurare e a infondere speranza. Dalla condivisione con gli umili la nostra fede esce sempre rafforzata: mettiamo da parte, quindi, ogni forma di supponenza, per chinarci su quanti il Signore ha affidato alla nostra sollecitudine.
Sono parole rivolte in modo particolare ai Vescovi. Ma io le ripropongo ad ogni educatore, ad ognuno che vive una sollecitudine per i fratelli che gli sono affidati.
Le riferisco pertanto ai Sacerdoti, ai Genitori, ai Catechisti, agli Educatori impegnati nelle varie associazioni, agli Educatori degli adulti, agli Insegnanti di Religione.

 

2 - La Chiesa, comunità educante

Il soggetto dell’educazione cristiana è la Chiesa, discepola, madre e maestra. La Chiesa, nell’ascolto della Parola, nell’incontro con il Risorto, nella celebrazione liturgica, nella testimonianza e nel servizio della carità, è la via di una progressiva trasformazione a Cristo, fine ultimo dell’educazione cristiana. La comunità cristiana educa conducendo ogni uomo alla sequela dell’unico e vero Maestro. La vita buona del vangelo che essa promuove nei suoi figli non è frutto di uno sforzo volontaristico, ma è un cammino attraverso il quale il Maestro interiore apre la mente e il cuore alla comprensione del mistero di Dio e dell’uomo. Ogni ambiente di vita ecclesiale è un luogo educativo, ricco di relazioni e testimonianze, di valori e proposte coinvolgenti.
Leggiamo in Educare alla Vita buona del Vangelo al n 7: L’opera educativa della Chiesa è strettamente legata al momento e al contesto in cui essa si trova a vivere, alle dinamiche culturali di cui è parte e che vuole contribuire ad orientare…. Il “mondo che cambia” è ben più di uno scenario in cui la comunità cristiana si muove: con le sue urgenze e le sue opportunità provoca la fede e la responsabilità dei credenti. È il Signore che domandandoci di valutare il tempo ci chiede di interpretare ciò che avviene in profondità nel modo di oggi, di coglierne le domande e i desideri.
Per questo, per quanto concerne il tema di questa esortazione, ricordiamo che la Chiesa deve far sì che i principali luoghi educativi non siano inficiati da visioni distorte. Per esempio:
- quando si pensa che l’educazione si risolva nel solo informare e nel solo avvisare, si rischia di non dare neppure inizio ad un cammino educativo:
- quando si arriva a confondere la libertà con la spontaneità, si confonde l’educazione con il proporre qualche regola appena;
- quando si pensa che la relazione educativa sia una relazione fra uguali, si perde il valore e il senso dell’autorità e annulla la proposta educativa.

 

3- Il ruolo dell’educatore

La vita di ognuno è segnata e strettamente collegata ai volti degli educatori. Siamo stati accompagnati nel nostro processo di crescita dai genitori, dagli insegnanti, dai sacerdoti… Abbiamo accolto la loro proposta e se oggi crediamo è per tutte le persone che ci sono state a fianco.
Ma nello stesso tempo sappiamo bene che la nostra formazione non coincide semplicemente con gli educatori che abbiamo incontrato: contano i contesti educativi, il clima pedagogico che abbiamo respirato. È l’intera comunità, lo abbiamo già detto, che educa e non solo attraverso le persone.
In ogni caso alcune realtà hanno avuto e avranno sempre un ruolo particolarmente significativo.

- Anzitutto la famiglia. La famiglia è il luogo primario dell’educazione. Vi rimando ai nn 36-38 degli O.P. Educare alla Vita Buona del Vangelo.
Qui è solo per dire che, di fronte a tutti gli attacchi che la famiglia subisce, la Chiesa è oggi più che mai chiamata a suscitare la consapevolezza della missione educativa della famiglia stessa, attraverso le famiglie cristiane, che oltre ad essere destinatarie della evangelizzazione della Chiesa, sono anche il soggetto insostituibile di evangelizzazione.

- Accanto alla famiglia altre persone e luoghi possono contribuire in modo più diretto alla missione educativa. Il riferimento è alla parrocchia con i suoi sacerdoti e catechisti, alla scuola con i suoi insegnanti, ai luoghi frequentati e vissuti dai giovani e ragazzi (cfr EVBV 41 ss).
Non basta aver cura. È vero che la Chiesa - con i suoi membri - non è una associazione di specialisti, ma cionondimeno l’educazione richiede percorsi, continuità, competenza, perseveranza, accoglienza, sostegno, pazienza e amore.
Alcuni sono educatori per il ruolo che occupano. Per esempio i genitori. Questo fa capire che il venir meno dei genitori nel loro ruolo educativo è causa di danni enormi. Perché viene meno qualcosa che è richiesto per natura.
Altri educatori sono chiamati, sono scelti.
Tutti possono essere educatori, tutti hanno le doti per esserlo? Proprio no! Nello scegliere gli educatori è necessario adottare alcuni criteri.

 

4- Criteri di scelta degli educatori

La sfida educativa passa per lo più attraverso gli educatori. La Chiesa è attenta a suscitare e promuovere le vocazioni educative, favorendo la loro formazione.

4.1 - La comunità educante e gli educatori

Il rapporto educativo esige per sua natura la figura dell’adulto: adulto che non si misura semplicemente dal numero di anni quanto piuttosto da una maturità che permetta uno stile di relazione che lasci passare la proposta educativa.
La formazione degli educatori appare il punto cruciale dell’azione educativa delle comunità. Per questo è decisivo puntare su esperienze formative che tocchino da vicino la vita delle persone chiamate ad educare.
Non basta, infatti, “tenere insieme” gruppi di ragazzi o fare esperienze aggregative anche belle, se poi la proposta è insignificante e non conduce ad una autentica esperienza di fede o alla capacità di esprimere un giudizio, illuminato dalla Parola di Dio, sul mondo in cui viviamo.
Abbiamo detto che la famiglia è il luogo primario dell’educazione. La Chiesa è chiamata a suscitare la consapevolezza della missione educativa di ogni famiglia soprattutto attraverso le famiglie cristiane.
A sua volta la famiglia si avvale della collaborazione di altre figure educative, persone chiamate specialmente all’interno della parrocchia, nelle associazioni.
Chi chiamare? Chi accetta il ruolo di educatore quali caratteristiche deve avere?

4.2 - Criteri di scelta

Poiché quella educativa è una vocazione, il discernimento sulla scelta degli educatori deve essere un’azione nutrita e accompagnata dalla preghiera, così che emerga da una parte la volontà del Signore e dall’altra la responsabilità della comunità nel generare, discernere e prendersi cura degli educatori. Per questo è importante valorizzare la forma del mandato ecclesiale, che sempre più spesso viene esplicitato.
In ogni caso ci sembra che ci siano da seguire alcuni criteri precisi di scelta degli educatori. In altre parole gli educatori devono avere dei requisiti fin dall’inizio del loro mandato. Poi nel tempo matureranno ancora, ma non si possono affidare ragazzi e giovani a chi non si pone sulla lunghezza d’onda di Gesù, il Buon Pastore.
Requisiti che appaiono fondamentali per un educatori, accanto a tanti altri, sono questi:
- una chiara scelta di fede;
- il senso di appartenenza alla Chiesa;
- la capacità di costruire relazioni positive;
- la disponibilità a curare la propria formazione;
- la disponibilità a collaborare con le altre forze educative;
- la generosità e disponibilità ad essere persone significative nell’attuale situazione religiosa e culturale.

Brevemente riprendiamo ognuna di queste caratteristiche necessarie ad un educatore.

4.2.1 - La prima caratteristica di coloro che sono impegnati in un compito educativo all’interno della comunità cristiana, è la loro fede. Solo se si è discepoli di Gesù e ci si mette alla sua sequela, si può educare alla vita cristiana, si può far conoscere l’amore di Dio in maniera credibile. Questo non significa che l’educatore non “debba ancora crescere” o che abbia raggiunto la perfezione della vita cristiana. Ma alcuni passi definitivi deve averli compiuti per cui possa dire: “Abbiamo creduto all’amore di Dio”. Deve insomma poter portare una gioiosa esperienza. Per il fatto, poi, che anche egli è in cammino, deve impegnarsi ancor più nel curare la propria vita spirituale. L’educatore non è un tecnico, non è un professionista; prima di tutto è un testimone della fede. L’educatore è chiamato pertanto a testimoniare una esperienza che sta vivendo con intensità e con gioia.

4.2.2 - La seconda caratteristica dell’educatore è che sia membro consapevole della comunità, con un senso vivo di appartenenza alla Chiesa: deve considerare il suo impegno come un mandato ricevuto dalla Chiesa.
Questo senso di appartenenza alla Chiesa è la logica conseguenza della sua fede: nella Chiesa ha ricevuto il dono della fede, nella Chiesa lo vive, sa inoltre di svolgere il suo compito nella Chiesa e in collaborazione con altri fratelli di fede. Il senso di appartenenza alla Chiesa, poi, da parte dell’educatore non è solo una dimensione da vivere, ma anche un aspetto della educazione da impartire.

4.2.3 – La terza caratteristica è che abbia una buona capacità di costruire relazioni positive con gli altri: nei confronti dei ragazzi e giovani che gli sono affidati e nei confronti di coloro con cui collabora. La capacità di costruire, di dialogare, di rispettare i tempi e le esigenze dei fratelli, nonché la capacità di valorizzare il bene che è in ciascuno che incontra sulla sua strada sono doti necessarie per non essere né isolato, né padrone della fede altrui.
Ciò sarà possibile solo se l’educatore è un appassionato del servizio che svolge. Lo sappiamo bene, la passione educativa non è di tutti: è un dono che si ha, ma è anche un talento che si affina. Per questo possiamo parlare di vocazione ad essere educatore.
Questa annotazione non deve allontanare nessuno o scoraggiare. La fragilità che ci si porta dietro e la fatica che si fa a vivere il compito dell’educatore non sono il segno di mancanza di passione educativa. Sono piuttosto un invito a vivere questo ministero con umiltà, semplicità, consapevolezza della necessità di una formazione permanente.

4.2.4 – E così abbiamo accennato alla quarta caratteristica che è la disponibilità a curare la propria formazione. All’educatore si richiede fin dall’inizio del proprio servizio una maturità tale da poter aiutare altri. Ma è importante che abbia anche l’umiltà di considerarsi non arrivato e pertanto desideroso di crescere ulteriormente nelle fede e nelle altre virtù cristiane. Per questo vanno tenute in grande considerazione le iniziative diocesane di formazione degli operatori pastorali, ma pure realtà non diocesane come le Facoltà teologiche e gli Istituti superiori di Scienze religiose. Insomma, anche l’educatore ha bisogno di un cammino formativo permanente.

4.2.5 – La quinta caratteristica è la disponibilità a collaborare con altre figure educative della comunità ecclesiale e a costruire collaborazioni e alleanze con le risorse educative del territorio.
A questo punto il discorso diventerebbe molto più ampio: striscia sempre la tentazione di vedere la propria appartenenza come l’unica esperienza autentica di Chiesa. Ciò crea divisioni, incapacità a camminare insieme, non sufficiente stima reciproca fra le varie realtà ecclesiali. Il prezzo alto che si paga è la mancanza di comunione.
A volte si ha la sensazione che questo problema prima che nei fedeli sia negli animatori ed educatori.
Nell’educatore devono spiccare la gratuità e la capacità di affrontare le grandi sfide che la cultura odierna pone alla fede e alla visione cristiana dell’uomo.

4.2.6 - Gesù ha chiesto a tutti di essere sale e luce del mondo. Ma questo vale in modo particolare per chi ha un ruolo e ancor di più per chi ha un ruolo di guida. L’educatore sa di essere una persona “esposta”: gli occhi sono su di lui. Sa che non passa inosservato. Questo gli permette di vivere la sua testimonianza sempre, anche quando non se ne accorge. Sempre la sua vita parla. Ne deve essere consapevole, gioiosamente consapevole: la sua vita parla ancor prima della sua bocca.

 

5 - Figure e percorsi formativi

5.1 La formazione dei genitori
Se i primi educatori nella fede sono i genitori, si comprende subito l’importanza della loro formazione. Indubbiamente la famiglia educa più con l’esempio, più con la vita vissuta che con le parole. Ma di questo è necessario prendere consapevolezza.
La comunità pertanto avrà a cuore la crescita nella fede dei genitori e offrirà aiuti necessari perché essi possano vivere bene la loro fede.
Nel pensare agli aiuti alle famiglie affinché diventino luoghi educativi autentici penso ad alcuni momenti in particolare:

* La preparazione al matrimonio dove i fidanzati sono chiamati a prendere coscienza che la loro è una scelta di fede e la famiglia è il luogo fondamentale della trasmissione della fede.
Negli ultimi anni la Commissione per la Pastorale della Famiglia ha elaborato un progetto di preparazione al Matrimonio Cristiano, che è ben più che alcune schede per la catechesi. Chiedo ormai di coglierne lo spirito e la sostanza, la forma e i contenuti.

* Il tempo della Iniziazione Cristiana. Si tratta di anni in cui è necessario che la famiglia sia particolarmente coinvolta. È necessario che si cominci a parlare anche di percorsi dei genitori accanto al cammino formativo dei figli che vede nei Sacramenti della Iniziazione Cristiana delle tappe fondamentali.
Chiamare i genitori per qualche incontro organizzativo è lontanissimo dalla prospettiva appena indicata.

* Gruppi di famiglie. Spesso si avverte l’esigenza da parte di genitori di ritrovarsi. Ciò è possibile in parrocchia, nelle case, in piccoli gruppi… In ogni caso l’inadeguatezza che ognuno sente di avere, spinge a chiedere di essere sostenuti. È chiaro che parlando di gruppi-famiglia è necessario inventarsi il modo di ritrovarsi: le esigenze, le responsabilità e gli impegni dei genitori esigono un immenso spirito di adattamento.
Abbiamo iniziato da un anno un percorso di affiancamento a persone che hanno alle spalle il fallimento del loro matrimonio, trovandosi ora in particolari situazioni di sofferenza, di ricerca, di speranza, di difficoltà anche di ordine morale. A distanza di un anno la prima cosa che viene da dire è questa: era un servizio necessario. Si va avanti anche su questa strada con l’idea di far sentire a coloro che chiedono aiuto una vicinanza che aiuti a cercare e comprendere la volontà di Dio in questa particolare situazione.

5.2 - Gli educatori e animatori dei gruppi di ragazzi e giovani
E qui le figure sono molteplici: catechisti, animatori degli oratori, educatori nelle associazioni, capi, insegnanti di religione, per arrivare agli educatori e formatori per i vari ambiti della pastorale.

Anzitutto le associazioni avranno a cuore la formazione dei loro educatori. Ma anche qui sento di dover ricordare che quando parliamo di formazione non possiamo limitarci ad imparare ad animare. Ogni educatore è necessario che sia un educatore nella fede ed egli stesso viva la fede e una vita coerente a quanto crede. Su questo aspetto oggi non si possono più fare sconti e non possono più essere poste resistenze. Con chiarezza ed umiltà dobbiamo dire che non basta “saperci fare” con i ragazzi per avere la qualifica di educatori.

Accanto all’impegno delle associazioni che curano i propri educatori, è necessario l’impegno della stessa comunità che a livello diocesano o parrocchiale o di Unità Pastorale trova dei momenti di formazione e di preghiera per gli educatori. Sono momenti in cui si raccolgono tutte le varie figure degli educatori, provenienti dal gruppo dei catechisti, dalle varie associazioni o da altre esperienze: tutto ciò per favorire una alleanza educativa e per aiutare a vivere il senso della comunità, così da diventare membri consapevoli della Chiesa, la quale non si identifica totalmente con nessuna esperienza ecclesiale, pur ricca e pur bella.

 

6- Formazione degli educatori di adulti

Le nostre comunità da sempre hanno profuso enormi energie nella formazione dei bambini e dei ragazzi. Un impegno generoso che ha dato tanti frutti, ma che rivela anche il suo limite. Se la lamentela continua è che dopo la Cresima nella quasi totalità i nostri ragazzi “scompaiono”, vuol dire che dobbiamo attendere e incrociare anche in altri momenti successivi questi fedeli che abbiamo perso di vista.
Pertanto nell’educazione alla fede delle persone adulte e negli strumenti e nelle figure da mettere in campo in questa prospettiva, “si gioca il futuro”.
È così: il tempo presente ci chiama a dare la massima importanza alla catechesi degli adulti.
Sono grandi le difficoltà che si incontrano.
Anzitutto ci si scontra con la fatica da parte degli adulti di manifestare esplicitamente i propri bisogni formativi e di prendersi cura di sé dal punto di vista della formazione cristiana. Per molti l’educazione appare ancora legata all’età giovanile.
Anche per questo sembra decisivo puntare su esperienze formative che tocchino da vicino la vita delle persone; gli adulti vanno coinvolti, accolti, sostenuti e provocati a partire dalle domande esistenziali.
Pur nella difficoltà del trovare le vie, sentiamo che gli adulti devono essere aiutati a riscoprire la luce della fede che illumina, dà senso, orienta la loro vita, così come suggerisce la recente enciclica di Papa Francesco.
Alcune indicazioni sono state date riguardo alla cammino da proporre ai genitori, ma è necessario inventare proposte formative non legate alla famiglie e alla pastorale familiare: il mondo degli adulti, infatti, è più ampio di quello dei genitori.
Il ruolo del parroco nella formazione degli adulti diventa particolarmente importante, anche se non può essere il solo a portare questa incombenza. Sono necessari “educatori” che sentano l’importanza di questo compito.
Questi educatori degli adulti devono essere particolarmente formati a spezzare il “Pane della Parola” e a guidare la preghiera, a farsi compagni di viaggio con quanti cercano.

 

7- Nuove figure educative

La situazione di oggi richiede nuove figure educative. Non si tratta di figure di esperti cui chiedere interventi straordinari o specialistici, ma piuttosto è bello che siano espressione della premura della Chiesa che scorge nuove situazioni di vita, le cui richieste deve accogliere. Già qualche comunità tenta di far nascere nuove figure di educatori, magari con qualche successo, ma ancora siamo lontani dal considerarle una normalità. Certo non ci si può improvvisare educatori e accompagnatori: occorre formarsi.
Mi limito ad un elenco, sapendo però che è necessario promuovere queste figure, formarle, valorizzarle. Parliamo pertanto di
- evangelizzatori degli adulti, capaci di “primo annuncio” e di favorire il risveglio della fede;
- coppie di adulti impegnati nella pastorale battesimale o post-battesimale;
- mediatori che favoriscano l’integrazione degli immigrati nella comunità cristiana e l’evangelizzazione di quanti non sono cristiani;
- figure capaci di accompagnare nelle situazioni di fragilità, nelle crisi familiari, nei luoghi di cura e nell’accoglienza;
- persone dedicate alla catechesi per i divorziati risposati;
- animatori di percorsi formativi sui temi sociali, della comunicazione, dell’ambiente, della cultura, del tempo libero e dello sport;
- animatori di gruppi biblici, di gruppi liturgici;
- in chiave educativa vanno anche riqualificate figure tradizionali quali i padrini o i testimoni.

Accanto a queste figure ne possiamo immaginare tante altre secondo le esigenze del popolo di Dio. Va sempre ricordato, comunque, che si può dare solo se prima si è ricevuto; si può educare so lo se prima si è stati formati.

 

8- Il magistero di Papa Francesco

Spesso nell’affrontare temi pastorali o esigenze delle nostre comunità, sembra che mettiamo in atto o andiamo alla ricerca di strategie o cose simili. Certo, il nostro impegno è necessario e pertanto dobbiamo interrogarci su alcune vie da percorrere.
Ma non dobbiamo dimenticare che la Chiesa è guidata dallo Spirito e senza lo Spirito la chiesa perde ogni capacità di sussistenza. Per questo sono necessari alcuni atteggiamenti del cuore, alcune vie che dicano con forza che il Pastore resta sempre il Signore Gesù, l’Inviato del Padre, il Maestro, il Catechista, il vero Educatore. È un tema caro, questo, a Papa Francesco: in seguito lo metterò in risalto.

Ora voglio ribadire la scelta fatta dalla nostra diocesi di crescere nella vita dello Spirito, la vita spirituale.
Non a caso al Centro della Diocesi una chiesa è adibita all’Adorazione Eucaristica Perpetua per offrire la possibilità di fermarsi in preghiera e in adorazione del Signore.
Certo è importantissimo educarsi alla preghiera. È prezioso ogni percorso formativo personale e comunitario che educhi all’ascolto orante della Parola (lectio divina, meditazione…).
La scelta fatta degli Esercizi spirituali va portata avanti con coraggio e adattamento. È necessario un discernimento continuo sulla propria vita alla luce della Fede per diventare persone capaci di scelte vocazionali, scelte di servizio, scelte di stile di vita più profetiche. Ringrazio tutte quelle realtà che offrono la possibilità di fare gli Esercizi Spirituali e li ringrazio soprattutto perché si tratta di una proposta per tutti.

Con la snellezza necessaria di una esortazione pastorale vorrei ora sottolineare alcuni passaggi del Magistero del Santo Padre Francesco in merito alla figura dell’Educatore.

8.1 - Dalla “Lumen fidei
Ci dà luce in ordine all’argomento di questa esortazione soprattutto il terzo capitolo della Lumen Fidei che porta il titolo “Vi trasmetto quello che ho ricevuto”. È un intero capitolo dove il Papa si rivolge ad ogni credente, ma l’educatore lo può fare suo in modo tutto particolare. Ovviamente rimando alla lettura diretta, limitandomi a poche osservazioni.
La luce di Gesù brilla sul volto dei cristiani e così si diffonde, così arriva fino a noi…” (LF 37). L’opera dell’educatore è sempre una testimonianza e può essere testimoniato solo ciò che si vive intensamente. Ritorna con forza il pensiero che può essere educatore solo chi vive pienamente la sua fede: “La fede si trasmette nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma” (LF 37).
Al paragrafo 38 si parla della trasmissione della fede nel tempo, di generazione in generazione. E qui, pertanto, è sottolineato il ruolo educativo della famiglia, ma non solo: il Papa sottolinea il ruolo educativo della Comunità in quanto tale e la necessità pertanto che la fede non rimanga solo in un ambito privato, ma diventi espressione di popolo.
Nei paragrafi 40-45 il Papa sottolinea il ruolo particolarmente importante dei sacramenti nella trasmissione della fede. L’incontro con il Signore nel Battesimo e nella SS. Eucaristia non avviene in maniera magica o meccanica. La stessa struttura del rito sacramentale esige una preparazione, un accompagnamento, una vicinanza, mancando le quali l’amministrazione dei sacramenti rischia di diventare un rito vuoto. Per questo nella preparazione ai Sacramenti è necessario che tutta la comunità sia coinvolta, ogni membro secondo la sua competenza: il parroco, il catechista, l’assemblea, le realtà caritative presenti, e in particolare la famiglia, la quale, a sua volta, non può limitarsi a presentare il ragazzo, ma con lui deve crescere.

8.2 - Dall’omelia ai Seminaristi del 7 luglio 2013
Ogni ministero nella Chiesa, a partire da quello dell’educatore, deve essere vissuto con caratteristiche ben precise. Il Papa le suggeriva ai seminaristi e ai novizi e novizie il 7 luglio scorso.

* Anzitutto la gioia. La tristezza e la paura devono far posto alla consolazione e alla gioia: «Rallegratevi… esultate… sfavillate di gioia» - dice il Profeta Isaia (66,10).
Il Papa ricordava che il Signore effonderà sulla Città santa e sui suoi abitanti una “cascata” di consolazione, una cascata di tenerezza materna: «Sarete portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati» (66,12). Ogni cristiano, ma soprattutto ogni educatore è chiamato a portare questo messaggio di speranza che dona serenità e gioia: la consolazione di Dio, la sua tenerezza verso tutti. Ma ciò sarà possibile solo se per primi si è stati consolati dal Signore, si è fatta l’esperienza dell’amore del Signore.
Continua Papa Francesco: Ma non abbiate paura. Non abbiate paura, il Signore è il Signore della consolazione, il Signore della tenerezza.
Pur dette in un contesto diverso, sembrano parole i cui destinatari sono gli educatori. Continua infatti il Papa: Questa è la missione. La gente oggi ha bisogno certamente di parole, ma soprattutto ha bisogno che noi testimoniamo la misericordia, la tenerezza del Signore, che scalda il cuore, che risveglia la speranza, che attira verso il bene. La gioia di portare la consolazione di Dio!

* Il secondo punto di riferimento per un educatore è la Croce di Cristo. San Paolo, scrivendo ai Galati, afferma: «Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo» (6,14).
Solo se rimaniamo dentro questo mistero della croce che ci parla dello sconfinato amore di Dio manifestato in Gesù, noi siamo al riparo sia da una visione mondana e trionfalistica della missione, sia dallo scoraggiamento che può nascere di fronte alle prove e agli insuccessi. La fecondità pastorale, la fecondità dell’annuncio del Vangelo è data non dal successo secondo criteri di valutazione umana, ma dal conformarsi alla logica della Croce di Gesù, che è la logica dell’uscire da se stessi e donarsi, la logica dell’amore.

* Infine la terza via è la Preghiera. In Lc 10,2 ascoltiamo: «Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe».
E il Papa afferma che gli operai per la messe non sono scelti attraverso campagne pubblicitarie, ma sono «scelti» e «mandati» da Dio. È Lui che sceglie, è Lui che manda, è Lui che dà la missione. Per questo è importante la preghiera. La Chiesa non è nostra, è di Dio, il campo da coltivare è suo. La missione allora è soprattutto grazia. E se l’apostolo è frutto della preghiera, in essa, nella preghiera, troverà la luce e la forza della sua azione. La nostra missione, infatti si spegne nel momento stesso in cui si interrompe il collegamento con la sorgente, con il Signore.
L’evangelizzazione si fa in ginocchio. Siate sempre uomini e donne di preghiera. Senza il rapporto costante con Dio la missione diventa mestiere. Coltiviamo la dimensione contemplativa, anche nel vortice degli impegni più urgenti e pesanti. E più la missione vi chiama ad andare verso le periferie esistenziali, più il vostro cuore sia unito a quello di Cristo, pieno di misericordia e di amore
.

8.3 - A Rio per la GMG
Sarebbe di cattivo gusto sottolineare alcune parole importanti del Papa, lasciando così intendere che le altre vengono ritenute meno importanti.
Chi ha seguito gli insegnamenti di Papa Francesco a Rio ha potuto vedere la ricchezza e la freschezza dei contenuti trasmessi.
Se si fanno delle sottolineature è per cogliere qualcosa inerente a questa esortazione.
Mi limito pertanto all’omelia che il Papa ha fatto nella S. Messa concelebrata con i Vescovi e i Sacerdoti presenti a Rio, S. Messa alla quale partecipavano anche i seminaristi e i Consacrati/e. Siamo nella mattinata del 27 luglio u.s.
Il Papa rivolgendosi soprattutto ai Vescovi e ai Sacerdoti, i primi educatori, li esortava ad essere sempre vicini ai giovani e ad aiutarli “a far ardere nel loro cuore il desiderio di essere discepoli missionari di Gesù”. L’opera educativa della Chiesa, pertanto, non solo conduce all’esperienza di Cristo, ma poi guida alla missione, alla testimonianza, nella consapevolezza che l’incontro con il Signore è autentico solo se poi porta alla evangelizzazione.
E nel vivere l’opera educativa nei confronti del giovani, il Papa rivolgendosi ancora ai Vescovi e ai sacerdoti, aggiungeva: Bisogna mettersi seduti, ascoltando… La pazienza di ascoltare. Ve lo chiedo con tutto il cuore! Nel confessionale, nella direzione spirituale, nell’accompagnamento. Sappiamo perdere tempo con loro. Seminare costa e affatica. Certo, è più gratificante godere del raccolto. Però Gesù ci chiede che seminiamo con serietà.
Il Papa in più occasioni a Rio de J. ha lasciato intendere di confidare nella forza della testimonianza dei giovani nei confronti di altri giovani. E pertanto più volte ha invitato i giovani ad essere “i girovaghi della fede” sottolineando che devono uscire, devono sentirsi inviati. Ma questo sarà possibile solo se prima si è formati. Per questo il Papa, ancora rivolgendosi ai Vescovi e ai Sacerdoti diceva: Non risparmiamo le nostre forze nella formazione dei giovani.
E poi ricordando Gal 4,19 dove San Paolo scrive “Figli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi”, il Papa affermava: Questa espressione di Paolo facciamola diventare realtà nel nostro ministero!

 

9- Il cammino che abbiamo davanti

Quanto abbiamo detto fin qui è una attenzione che ci deve sempre accompagnare: è l’impegno dell’anno nell’ambito del decennio particolarmente dedicato all’educazione. La scelta e la formazione degli educatori non possono essere portate avanti a cuor leggero.
Ma accanto a questo impegno di fondo ci sono altre situazioni, momenti, vie, opportunità in cui la nostra Chiesa Diocesana, in comunione con le altre Diocesi, è chiamata a camminare.
Velocemente ne sottolineo alcune che hanno un carattere più generale.

9.1 - L’assemblea Diocesana
Questo momento all’inizio dell’anno Pastorale negli anni ha preso tante forme: “Tre giorni” di approfondimento, Convegno ecclesiale su un particolare tema, Assemblea diocesana in vista di un cammino da intraprendere… E in base al taglio che si intendeva dare, diverso era il modo di portare avanti l’iniziativa e diversi gli invitati. Certo, alla fine resta sempre la domanda: “Che ne è di quanto si è detto, dove sono andate a finire le proposte fatte?”. È la fatica di sempre quella di portare a concretezza le idee emerse. Però non dimentichiamo che le idee che circolano alla fine sotto sotto agiscono ed evitano l’appiattimento che ci sarebbe se non si pensasse o non si riflettesse.

L’assemblea diocesana di quest’anno sarà sabato 19 ottobre: tutto il giorno. Sarà di un solo giorno perché vediamo che di fatto sono tante le cose che si fanno e non vorremmo pertanto appesantire. Sarà una assemblea che vedrà, come l’anno scorso, riunirsi i delegati delle parrocchie, perché è fondamentale che le cose non rimangano per i partecipanti, ma poi ritornino nelle comunità.

Dall’ultimo Consiglio Pastorale Diocesano è emersa la proposta di fermarsi attorno alle dinamiche comunitarie che stiamo vivendo. Siamo una piccola diocesi, ma immersa nei problemi che lo scorso anno ci siamo soffermati a guardare (Fede, Crisi, Famiglia). Emerge la necessità di essere una chiesa sinodale.
Le proposte offerte dalla diocesi in questi anni hanno trovato resistenze e difficoltà ad arrivare. Anche nelle parrocchie tutto è più faticoso. Abbiamo rilevato che la comunione è un problema. Forse per una idea di chiesa non sempre adeguata? Forse per il ripiegamento sull’ordinaria amministrazione? Forse per non aver saputo suscitare corresponsabilità, valorizzando i diversi carismi, soprattutto quello laicale? Forse per non sapere ripartire dalle “periferie”?
Sarà una assemblea “In famiglia” con il duplice intento del dialogo e dell’individuazione di scelte pastorali per i prossimi anni. Ci interrogheremo infatti sul nostro essere Diocesi, faremo discernimento sul cammino effettuato in questi ultimi anni, nonché sulle scelte fatte e chiariremo su cosa è più necessario puntare.
Intanto preghiamo così come nella liturgia: “Fa’ che la Chiesa di Jesi si rinnovi alla luce del Vangelo. Rafforza il vincolo dell’unità tra laici e presbiteri, tra i presbiteri e il nostro Vescovo, tra i Vescovi e il nostro Papa Francesco; in un mondo lacerato da discordie la tua chiesa risplenda segno profetico di unità e di pace” (Preghiera Eucaristica V/d).

9.2 - Consiglio pastorale Diocesano e Commissioni
Il Consiglio Pastorale Diocesano è scaduto da qualche mese. Ringrazio coloro che vi hanno fatto parte e con generosità hanno dato il loro contributo. Si è scelto di prorogare l’attività di questo Consiglio fino al Convegno regionale sulla Evangelizzazione, quasi a completare un ciclo di riflessione.
Pertanto appena concluso il Convegno (22-24 novembre) si provvederà al rinnovo.
Fra i membri Consiglio, nove saranno indicati dalle Unità pastorali. Soprattutto queste dovranno essere persone che sanno fare da ponte con le parrocchie e le situazioni e si rendono competenti e attenti a quanto la chiesa sta proponendo. È infatti da superare quello scollamento che a volte appare fra la Diocesi e le parrocchie.
Nel frattempo, però, prima di quella data, vorremmo rinnovare le commissioni pastorali diocesane: un membro di ciascuna commissione, poi farà parte del CPD.
Importante, infatti, è il ruolo delle Commissioni. Queste fanno sì che alcuni importanti settori non siano gestiti a titolo personale, dal solo direttore dell’Ufficio di riferimento. Inoltre i membri delle Commissioni possono offrire la loro preparazione e competenza alla diocesi, alle UP e alle parrocchie.
Le commissioni da rinnovare sono:
Comm. Primo Annuncio e Catechesi;
Comm. Liturgia;
Comm. Caritas;
Comm. Pastorale Familiare;
Comm. Pastorale Vocazionale, CDV;
Comm. Pastorale Giovanile;
Comm. Lavoro e Problemi Sociali;
Comm. Pastorale Sanitaria;
Comm. Beni Culturali;
Comm. Pastorale Missionaria;
Comm. Pastorale Scolastica;
Comm. Comunicazioni Sociali;
Comm. Pastorale dello Sport e Tempo libero;
Comm. per l’Ecumenismo;
Comm. Migrantes.

Vista l’importanza delle Commissioni, dovremmo trovare il modo di valorizzarle maggiormente.
A dire il vero alcune hanno lavorato molto e bene. Altre stanno cercando il loro posto nella Pastorale Diocesana. Credo che ci sia una riflessione da fare in merito, ma forse si tratta di affidare ad ogni commissione, specialmente se ha una maggiore connotazione pastorale, il compito di animare il settore di propria competenza con momenti di studio, aggiornamento e di offerta e animazione alle parrocchie.
Il Centro Pastorale Diocesano che ha come sede il Seminario di via Lotto sta prendendo sempre più forma. Abbiamo la speranza che, trovando lì la sede per il CPD, gli Uffici, le Commissioni, nonché per i vari incontri e quindi vedendo la presenza di persone, diventi anche luogo e strumento di comunione, in vista di un camminare insieme e di un sentire comune.
Le commissioni, dovranno essere rinnovate entro il 19 ottobre (giorno dell’assemblea) e il Consiglio Pastorale diocesano entro il 15 dicembre. Il primo compito sarà di tutti sarà quello di raccogliere quanto è avvenuto sia nell’assemblea diocesana, sia nel Convegno Regionale.

9.3 - Il Convengo regionale sulla Evangelizzazione
Dal 22 al 24 novembre p.v. verrà celebrato il 2° convegno regionale sulla Nuova Evangelizzazione. Sono ormai alcuni anni che si sta lavorando alla preparazione.
In particolare nell’ultimo anno il nostro CPD ha riflettuto sui temi del Convegno stesso per offrire un proprio contributo.
Sono stati scelti, inoltre, quasi tutti i 40 delegati della nostra diocesi, invitando per primi i membri dello stesso CPD, poi cercando rappresentanza delle 9 UP.
Ora si tratta di cogliere questo ultimo momento verso cui ci avviamo come una grande opportunità per tutti. Sarebbe triste se il Convegno Regionale rimanesse una parentesi celebrativa che si dimentica il giorno dopo. Ritengo che lo strumento “Alzati e và” abbia offerto a tutti i criteri con cui camminare.

Accanto al cammino di preparazione fatto, un rammarico, comunque, lo vivo: non siamo riusciti a coinvolgere più di tanto le parrocchie o le unità Pastorali nella preparazione, per cui credo che questa sia passata abbastanza sopra le teste. È andata così. Però ancora ci può essere tanto da ricevere: si tratta di metterci nell’atteggiamento giusto, consapevoli che annunciare il vangelo è il primo e fondamentale compito che ci è stato affidato. Pur nella difficoltà che le parrocchie vivono, annunciare il Vangelo, annunciarlo nella sua totale bellezza trovare le vie per farlo, resta pur sempre il primo compito che il Signore ci ha affidato.

9.4 - La missione giovani
Dal 1° all’8 dicembre p.v. avrà luogo la “Missione dei Giovani ai Giovani”. È stata pensata in Consiglio presbiterale allorché si formulava il programma diocesano per l’Anno della Fede. I destinatari di questa missione dovrebbero essere i giovani più lontani: per usare una espressione del Papa, quelli che si trovano nelle periferie esistenziali.
Come organizzazione la Missione è stata affidata al Servizio di Pastorale Giovanile. In altre parole è la Diocesi che intende portare avanti questa missione attraverso un organismo ben preciso, quello che coordina la pastorale giovanile. Tenendo conto, però, della particolare difficoltà, si è sentita l’esigenza di chiedere aiuto a Nuovi Orizzonti, Sacerdoti e Giovani, che hanno indubbiamente esperienza nel vivere questo tipo di attività.
Il mio pensiero era questo: coinvolgere in questa missione alcuni Sacerdoti di Nuovi Orizzonti e alcuni Sacerdoti della Diocesi, una trentina di giovani di Nuovi Orizzonti provenienti da tutte le Marche e una trentina di giovani della nostra Diocesi. Purtroppo le cose non sono andate secondo questa desiderio: non c’è stata di fatto risposta dai vari gruppi giovanili.
Ma non vogliamo perdere questa opportunità. Consultatomi con i sacerdoti di N.O. mi è stato detto che anche in altri luoghi è andata così, per cui mi suggerivano di procedere ugualmente e di pensare questa missione come una iniziativa annuale. In questo primo anno dovrebbe essere una esperienza abbastanza modesta ma che, negli anni potrebbe trovare accoglienza e soprattutto altri missionari. Così è andata in altri luoghi. Ci spero! Per cui, anche se la Responsabilità dell’iniziativa rimane alla pastorale Giovanile Diocesana, di fatto i “giovani missionari saranno quasi tutti di altre diocesi, con la speranza che per i prossimi anni aderiscano anche giovani del luogo.
Vi invito in ogni caso a pregare intensamente perchè questa missione porti il suo frutto: noi facciamo la nostra parte, sicuramente il Signore darà consistenza al progetto che ci ha ispirato. Non possiamo fermarci di fronte ad una difficoltà. Del resto il tema della missione dei giovani ai giovani lontani è stato uno dei temi sui quali Papa Francesco ha battuto con forza a Rio in occasione della GMG.

9.5 - La Pastorale Vocazionale
È sicuramente chiaro che la pastorale è tutta vocazionale. Ciascuno, infatti, è chiamato a vivere la propria vita come una risposta all’amore di Dio e ciascuno è chiamato ad offrire la propria vita, secondo i talenti ricevuti, per la salvezza dei fratelli, testimoniando il vangelo, offrendo il proprio servizio nei vari ambiti della vita.
Ma è chiaro anche che abbiamo urgente bisogno di pastori.
Certo, quando il Signore chiede di pregare per avere in dono “gli operai” (Lc 10,1ss), facendolo nel contesto della missione dei 72, non si riferisce semplicemente ai pastori, quanto piuttosto ai missionari del Vangelo e quindi chiede di pregare perché tanti sentano il desiderio di parlare e annunciare Cristo Gesù.
Ma l’urgenza di pastori è data dal fatto che il Ministero ordinato è proprio a servizio degli altri ministeri.
Alcune nostre comunità stanno soffrendo per questa mancanza di pastori.
Perciò a tutti chiedo una intensa preghiera perché il Signore ispiri a tanti giovani il desiderio di diventare Sacerdoti.
Chiedo ai sacerdoti di avere a cuore questo nostro problema e di non avere paura di chiamare e di offrire opportunità di preghiera e ascolto della Parola perché tanti si pongano la domanda sulla volontà di Dio nella loro vita e siano disponibili a dire il loro sì là dove il Signore li chiama.
In ogni caso da settembre un giovane sacerdote sarà particolarmente impegnato nella Pastorale Vocazionale, visitando le parrocchie, incontrando i ragazzi/e e i giovani, offrendo la possibilità della Direzione Spirituale, incontrando i ragazzi che si preparano alla Cresima, costituendo gruppi vocazionali, promuovendo la preghiera per le vocazioni.

9.6 - La Visita Pastorale
Dopo la pausa estiva con il mese di settembre riprende la Visita Pastorale.
Non intendo dare un giudizio su questo primo anno di Visita Pastorale. Dico solo che per me è stata l’occasione di un incontro bello e intenso del pastore con il popolo a lui affidato. Unico criterio che ho avuto è stato quello di incontrare più persone possibile con l’intento di offrire incoraggiamento e sostegno nel vivere la fede.
Ringrazio i sacerdoti che si sono impegnati nella realizzazione della Visita Pastorale e soprattutto i tanti fedeli che hanno accolto l’invito ad incontrare il Vescovo.
Cosa è rimasto? Non lo so, ma in questo caso non mi interessa nemmeno saperlo. È stato un momento di semina. Quale sarà poi il frutto non sempre è possibile saperlo: lasciamo fare al Signore.
Tra gli scopi della Visita Pastorale c’era anche quello di verificare la tenuta delle Unità Pastorali.
In ogni caso la scelta di dar vita alle Unità Pastorali deve andare avanti: lo scopo è quello di far collaborare le parrocchie (non solo i parroci) per alcuni servizi comuni (Es. Formazione dei catechisti, centro caritas, catechesi per i fidanzati, ecc…). Compito del moderatore è promuovere un progetto comune ed educare alla collaborazione.
Dopo la visita pastorale potremmo ripensarle, ma per ora dobbiamo fare il meglio per farle funzionare.

 

10- Conclusione

Ci racconta l’Evangelista Luca: «I settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome» (Lc 10,17).
La missione dei Settantadue è stata piena di frutto e di conseguenza di consolazione. Quell’anche i demoni lascia intendere che ci sono state pure altre cose, in particolare conversioni. Ma Gesù riporta il discorso all’essenziale. Sembra dire che la cosa importante non è il risultato, ma l’aver seminato con fedeltà ed essere rimasti nella volontà di Dio, come figli amati. Dice infatti: «Non rallegratevi perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli» (Lc 10,20).
Vorrei anche io concludere, pertanto, riportando tutto all’essenziale. Questa lettera invita al lavoro per il regno di Dio, pensa ad iniziative e pertanto incoraggia.
Ma sarebbe del tutto inutile se ci fermassimo a questo.
Il Papa nell’omelia della S. Messa concelebrata con i vescovi e i sacerdoti a Rio per la GMG diceva:
Teniamo vive queste parole del Signore: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi», ci dice Gesù (Gv 15,16). È riandare alla sorgente della nostra chiamata. Per questo, un vescovo, un sacerdote, un consacrato, una consacrata, un seminarista non può essere “smemorato”: perde il riferimento essenziale al momento iniziale del suo cammino. Chiedere la grazia, chiederla alla Vergine, lei che aveva buona memoria; chiedere la grazia di essere persone che conservano la memoria di questa prima chiamata. Siamo stati chiamati da Dio e chiamati per rimanere con Gesù (cfr Mc 3,14), uniti a Lui. In realtà, questo vivere, questo permanere in Cristo segna tutto ciò che siamo e facciamo. È precisamente questa "vita in Cristo" ciò che garantisce la nostra efficacia apostolica, la fecondità del nostro servizio: «Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto sia autentico» (cfr Gv 15,16). Non è la creatività, per quanto pastorale sia, non sono gli incontri o le pianificazioni che assicurano i frutti, anche se aiutano e molto, ma quello che assicura il frutto è l’essere fedeli a Gesù, che ci dice con insistenza: «Rimanete in me e io in voi» (Gv 15,4).

Questo ultimo pensiero, che abbiamo lasciato al Papa, è indubbiamente il più importante di tutta questa esortazione. Ed è su questo pensiero che si basa anche la nostra speranza, cioè la certezza che il Signore non delude mai.

A Maria Santissima, la Donna Fedele, affido il cammino della nostra Chiesa, mentre su ognuno invoco la benedizione di Dio.

Jesi, 15 agosto 2013
Solennità dei Maria SS. Assunta in Cielo

+ Gerardo Rocconi, Vescovo

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Mons. Gerardo Rocconi

Esortazioni e messaggi del vescovo