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24 dicembre 2018

Il vescovo della diocesi di Jesi nel suo messaggio
invita al silenzio dopo la tragedia avvenuta a Corinaldo

Buon Natale, ricco di santa inquietudine

Carissimi, buon Natale, buon Natale a tutti.

Non voglio sottrarmi al rito degli auguri di Buon Natale. Riconosco che spesso è un rito vuoto, addirittura in contraddizione con la vita. Se un sacerdote di Genova arriva a dire che quest’anno coerenza vorrebbe che non si facesse il presepio, effettivamente la sua parte di ragione ce l’ha. Infatti, come si fa a dire di accogliere il Signore, se poi non lo si accoglie negli ultimi… in tutti gli ultimi?

Gli ultimi sono i bambini e le famiglie buttati per strada, sono i figli ai quali non si è permesso di nascere, sono i vecchi scartati, sono i malati… Gli ultimi sono tutti quelli per i quali la vita si è fatta impossibile. Accogliere Gesù è amare la vita, la vita di tutti, la vita concreta di persone concrete, senza distinzioni ideologiche o di comodo, dall’inizio alla fine e con tutti i passaggi intermedi.

Parlando di amore verso persone concrete, situazioni concrete, vita concreta, mi si pone una domanda: Noi amiamo i giovani? Per alcuni aspetti, infatti, anche loro sono gli ultimi.

Prospettive di lavoro scarse, speranza poca, relazioni familiari difficili e così via!

Certamente non sono in grado di fare un’analisi sociologica seria e credibile: mi limito a sottolineare quel che si vede a “occhio nudo”. Ma è già sufficiente per dire che anche i giovani, ultimi in tante situazioni, devono essere i destinatari di un grande amore.

Leggendo queste poche battute, sono certo che in alcuni lettori è subito balenato questo pensiero: Il Vescovo ci parlerà dei fatti di Corinaldo. E invece no, non ne parlerò! Li voglio ricordare, questo sì. Corinaldo è il paese dove ho vissuto dalla nascita fino all’Ordinazione Sacerdotale; Senigallia, dove abitavano la maggior parte dei morti, è la mia diocesi di provenienza. Ciò che è accaduto, pertanto, mi ha colpito profondamente. Ma non ne parlerò. Oggi si va alla ricerca delle responsabilità, delle regole non osservate, delle cause. Certo, la giustizia deve fare il suo percorso. Ma in ogni caso credo che in questa occasione sia necessario tanto silenzio. Non per nascondere, ma per rendersi conto che il discorso è molto, ma molto più ampio del semplice capire quanti ragazzi c’erano dentro e se lo spruzzare uno spray possa essere la causa scatenante di tutto.

Confesso che la tentazione di descrivere come anche altrove le sale sono strapiene, le attese del rapper sono snervanti, i testi sono simili, le sostanze che si assumono sono a dismisura e nessuno ci fa caso… sì questa tentazione è forte. Ma mi fermo ugualmente qui.

L’invito, invece, che faccio, è un altro: interroghiamoci, permettiamo di far entrare in cuore tanta inquietudine, non limitiamoci a uno sfogo, gridando che non si può morire così a 15 anni.

Certo, ognuno ha la sua ricetta e magari sono tutte ricette giuste. Forse in questo momento è necessario far acuire una domanda: Come amare questi giovani, come essere loro vicini, come ascoltare il loro grido di aiuto senza dare risposte facili o di comodo? Sì, forse in questo momento è importante tacere e pensare, interrogarsi, far crescere la consapevolezza che qualcosa, o forse tanto, non va… insomma abbiamo bisogno di una svolta. E la svolta è quella dell’amore.

In questi giorni abbiamo sentito prese di posizione arrabbiate, dure, certo comprensibili, ma cariche di disperazione e di angoscia.

Nel Natale contempliamo il Signore che non usa parole violente, non si esprime con urla, semplicemente tende la mano, anzi offre un abbraccio. Si fa piccolo, umile, si fa accanto, anzi si mette sotto, si fa bambino, si fa agnello che prende su di sé il male di tutti.

Chissà che le nostre risposte, la nostra linea educativa, la nostra proposta non debba diventare sempre più così, come quella di Gesù! Chissà che i fatti di Corinaldo anzitutto non dicano che dobbiamo essere noi adulti a cambiare. Chissà che tanta rabbia dei giovani non dica che dobbiamo rinnovarci noi adulti. Chissà che il gridare che i giovani non hanno valori, in realtà ci debba far concludere che la nostra vita di adulti deve tornare a manifestare tenerezza, accoglienza, prossimità.

Guardiamo colui che è veramente Grande: sì è fatto piccolo, umile, capace di donare la vita, di servire e accogliere: e proprio per questa strada diventa anche il vero maestro, magnifico compagno di viaggio, pieno di amore per i giovani e anche per noi adulti che abbiamo ancora tanto da imparare.

Buon Natale, con qualche pensiero in più, tante domande in più, e un pizzico di santa inquietudine in più.

Jesi, 20 dicembre 2018

+ Gerardo Rocconi, Vescovo